L’economia va rifondata a partire
dall’utilità sociale”
dall’intervista a:
Stefano Zamagni:
«Ci
vorranno anni, ma sono sicuro che alla fine si riconoscerà come l’unica via
per uno sviluppo integrale, giusto, stia nel superare la "dicotomia" tra la
sfera economica e quella sociale, nel portare la valutazione "etica"
all’interno delle scelte economiche e non lasciarla fuori, ai margini».
Stefano Zamagni, docente di "economia politica" all’Università di Bologna, è
consultore del "Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace" e in
questa veste legge l’"Enciclica" «Caritas in veritate» come «un documento
che avrà un impatto notevole nelle scienze sociali ed economiche».
Professore, sembra una provocazione parlare di carità, di amore, di
"gratuità" nell’economia. Non è una contraddizione troppo forte rispetto
alle ferree leggi del "mercato"?
Questo
è proprio il senso profondo dell’Enciclica. Se il mercato continuerà a
escludere il principio del "dono" è destinato a implodere. E d’altro canto
la "crisi" in cui siamo sprofondati, le tante "storture" e ingiustizie che
abbiamo sotto gli occhi lo evidenziano già. Il cambio di paradigma è la
grande novità di questo "Documento". Anche rispetto alle altre "Encicliche
Sociali" che scontavano una lacuna strutturale: venivano osservati i
fenomeni economici, se ne evidenziavano i limiti e poi si proponevano le
opere di "carità" per temperarne gli effetti negativi. Invece occorre agire
sul momento generativo delle sofferenze, non metterci una pezza dopo. Il
dono non dev’essere inteso come "filantropia", ma come "chàris", amore
"gratuito" ricevuto e donato che sta "dentro" il processo economico, "nel"
mercato.
Non stiamo parlando del «capitalismo compassionevole» tanto caro agli
americani?
Siamo
agli "antipodi". Tolstoj diceva che il "filantropo" è colui che dopo averti
"defraudato" ti restituisce una parte del "maltolto" per non sentirsi in
colpa. No, quello che il "Documento Pontificio" indica è un dare perché
nessuno sia più nel bisogno, un agire nel momento della creazione dello
scambio economico in una logica nuova. Se guardiamo al passato, si tratta di
recuperare la lezione degli "economisti" di "scuola francescana" del 1500,
poi «sopraffatti» dalla "scuola anglosassone" a partire dal ’700.
Ma concretamente come si cambia la "logica economica" oggi dominante?
Il Papa
indica un modello preciso: quello dell’impresa che, pur all’interno delle
leggi di mercato, si pone una finalità più ampia rispetto alla
"massimizzazione" del profitto e dell’efficienza: l’obiettivo dell’utilità
"sociale" complessiva.
E guardate che già esistono esempi concreti: l’economia di "comunione", il
mondo del "non profit", le "cooperative" già vanno in questa direzione, sono
una realtà che oggi in Europa pesa per il 10% del "Pil" e occupa il 6% della
"forza lavoro". Qui non c’è da far "predicozzi", ma da espandere il modello
dell’economia "civile", stimolare un atteggiamento "pro-sociale" dei
soggetti del mercato. C’è un’equazione precisa: quanta più impresa sociale
trovo in un Paese tanto meno ho necessità della "filantropia". Perché non "redistribuisco"
a valle, ma agisco a monte dentro il processo economico. Attenzione, però:
il mondo del "non profit", della "finanza etica", è chiamato ad essere
lievito "nel" mercato, a mischiarsi con le imprese "profit", a contaminarle,
a trascinarle. Non vogliamo i "duri e puri", quelli «bravi e corretti» che
però restano chiusi nelle loro piccole "nicchie": il Papa chiama a cambiare
tutto il mercato.
Le parole utilizzate a proposito della condizione dei lavoratori hanno toni
assai preoccupati…
Benedetto XVI si è reso conto che la logica della "massimizzazione" del
profitto sta portando all’affermazione del mito dell’"efficienza". E chi non
risulta economicamente "efficiente" viene emarginato, fino ad essere
letteralmente «buttato via». Ma non possiamo, per favorire l’emergere dei
«migliori», emarginare metà della popolazione. Ricordo uno degli ultimi
"discorsi" pronunciati da Giovanni Paolo II a Novembre 2004, nel quale
sottolineava come «la discriminazione in base all’"efficienza" non è meno
disumana di quella per razza, religione o malattia». Purtroppo l’attuale
sistema economico sta enfatizzando questa "selezione".
Francesco Riccardi
Da avvenire 8 luglio 2009
|