Carità e
Verità sono i "due termini che hanno segnato il magistero in questi anni di
pontificato" e non è quindi un caso che la prima enciclica sociale di
Benedetto XVI (la terza del suo pontificato) sia intitolata "Caritatis in
veritate". E' quanto ha sottolineato il cardinale Renato Raffaele Martino,
presidente del Pontificio Consiglio GIustizia e Pace, presentando alla
stampa il testo dell'enciclica "sullo sviluppo umano integrale nella carità
e nella verità". Martino ha anche sottolineato la continuità con la
Populorum Progressio di Paolo VI di cui originalmente avrebbe dovuto essere
la commemorazione a 40 anni dalla pubblicazione. La redazione della "Caritas
in veritate" ha richiesto più tempo del previsto e non ha potuto dunque
essere pubblicata nel 2007, ma la nuova enciclica si presenta comunque come
un approfondimento e allargamento della Populorum Progressio.
Il
cardinal Martino giustifica la nuova enciclica con i profondi cambiamenti
avvenuti nel mondo dopo l'ultima encilica sociale di Giovanni Paolo II, la "Centesimus
Annus", di 20 anni fa.
Quanto
alle novità dell'enciclica, esse sono state sottolineate da mons. Giampaolo
Crepaldi, segretario uscente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e
arcivescovo eletto di Trieste, secondo cui il punto di vista sintetico
assunto dall'enciclica è che "il ricevere precede il fare". Vale a dire che
"bisogna convertirsi a vedere l'economia e il lavoro, la famiglia e la
comunità, la legge naturale posta in noi ed il creato posto davanti a noi e
per noi come una chiamata - la parola 'vocazione' ricorre spesso
nell'enciclica - ad una assunzione solidale di responsabilità per il bene
comune". Per questo il più grande aiuto che la Chiesa può dare allo sviluppo
è l'annuncio di Cristo".
Altra
novità fondamentale è che "i due fondamentali diritti alla vita e alla
libertà religiosa trovano per la prima volta una esplicita e corposa
collocazione in una enciclica sociale", ha detto Crepaldi, che ha poi
aggiunto: "Nella Caritas in veritate la cosiddetta questione antropologica
diventa a pieno titolo questione sociale. La procreazione e la sessualità,
l'aborto e l'eutanasia, le manipolazioni dell'identità umana e la selezione
eugenetica sono valutati come problemi sociali di primaria importanza che,
se gestiti secondo una logica di pura produzione, deturpano la sensibilità
sociale, minano il senso della legge, corrodono la famiglia e rendono
difficile l'accoglienza del debole".
L'altro
tema nuovo dell'enciclica, ha proseguito Crepaldi, "è l'ampia trattazione
del problema della tecnica", che costituisce "la più grande sfida al
principio della precedenza del ricevere sul fare". |