All’indomani
del sisma che ha colpito duramente l’Abruzzo, una mamma romana si sente dire
dalla figlia appena undicenne: “mamma perché non mandiamo i soldi che i
nonni mi hanno regalato ai terremotati? Certamente ne avranno bisogno e
anch’io desidero contribuire per alleviare le loro sofferenze”.
Queste
semplici parole, se meglio analizzate, acquistano un significato enorme non
solo perché pronunciate da una bambina, ma anche perché dimostrano
inconfutabilmente che il sentimento della solidarietà è ben radicato nei
cuori e nelle menti delle persone.
Si parla
tanto di egoismo, di egocentrismo, si dice che viviamo in un mondo dove
ognuno pensa per se senza curarsi del vicino che soffre e che necessita
delle cose più essenziali per tirare avanti.
Questo
luttuoso evento, ma in verità anche tanti altri che si sono manifestati nel
corso degli ultimi decenni, dimostrano che nell’emergenza sono pochissime le
persone che rimangono insensibili alle richieste di aiuto che giungono da
ogni parte per fronteggiare i bisogni del momento.
Dal 6
aprile, da quella tragica notte che ha visto migliaia di persone
terrorizzate riversarsi nelle strade per sfuggire ad altre probabili
devastanti scosse, è stato un susseguirsi di aiuti.
<i primi
soccorsi effettuati a personale specializzato hanno permesso si estrarre
dalle macerie quanti erano rimasti intrappolati. Ma è stato nei giorni
seguenti che la grande macchina degli aiuti e degli interventi ha cominciato
ad operare e dovrà continuare a farlo per mesi e mesi ancora.
Sono oltre
50 mila le persone da sistemare, la metà delle quali prima dell’arrivo del
grande freddo. L’Aquila, occorre ricordarlo, si trova a 721 metri
d’altitudine.
E’ noto che
i danni sono stati ingenti sia in termini di vite umane, sia in termini di
immobili distrutti. Tra quest’ultimi, decine di manufatti antichi e opere
artistiche di grande valore. Gli aquilani hanno accolto con entusiasmo la
notizia che riguarda la decisione di alcuni governi di “adottare” monumenti.
Significa che tali governi si sono impegnati finanziariamente per la loro
ricostruzione.
Questa
terra, a partire dal ‘700, è stata colpita da ben cinque disastrosi
terremoti. Ogni volta la sua gente ha saputo reagire, non si è mai arresa ed
ha sempre confidato nella ripresa immediata delle attività economiche.
L’operosità del popolo abruzzese, unita ad un profondo convincimento che la
famiglia unita è ancora un valore, è racchiusa nel famoso detto popolare da
molti certamente conosciuto: “Abruzzo forte e gentile”. Se così è stato nel
passato, dobbiamo credere che lo sarà anche in questo frangente. La volontà
di ricominciare per non abbandonare luoghi tanto cari e belli, è stata
manifestata ampiamente dalla popolazione.
Ora tocca
alle autorità, in primis al governo, prendere in mano la situazione, gestire
la ricostruzione e la ripresa con interventi mirati e concreti. Per non
deludere questo tenace e meraviglioso popolo d’Abruzzo occorre subito
imboccare, senza perdersi in chiacchiere, la strada giusta.
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