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La spiritualità del Popolo Rosso

(Prima parte)

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Quando mi è stato chiesto da Don Giuseppe di scrivere un breve resoconto della mia esperienza nella riserva indiana di Rosebud (Sud Dakota) per descrivere come vivono gli indiani di oggi la propria spiritualità e l’incontro-scontro con la religione cattolica non ho avuto esitazioni ad accettare. Ma poi, lo scritto è stato un duro parto…non sapevo da dove iniziare, era difficile spiegare in pillole un mondo di cui tanti ne conoscono solo il lato stereotipato, quello viziato e distorto dai film western, quello degli indiani e cowboy, quello del “buono e cattivo”…infine ho deciso che questo dovesse essere il mio piccolo contributo ad una cultura incompresa e forse poco conosciuta nel profondo, con tutte le buone intenzioni, e senza troppe pretese, di chi si accinge a parlare di qualcosa che ama.

Il viaggio e la permanenza in riserva hanno accresciuto la mia consapevolezza di cosa significhi essere indiani oggi e quanto sia difficile non lasciarsi travolgere dall’alienazione dilagante che rischia di sopraffare e cancellare una cultura millenaria. Ho sentito sulla mia pelle il peso degli errori compiuti dalla mia civiltà e non è stato facile liberarsi da un opprimente senso di colpa che inevitabilmente mi porto dietro in qualità di ‘bianca’.

Nonostante ciò, ho cercato di fare tesoro di ogni cosa che sono riuscita a vedere ed assaporare, nell’atteggiamento più disponibile e aperto possibile, poiché ero cosciente che nell’incontro con una cultura così diversa dalla mia entravano in gioco tanti fattori, anche inconsapevoli, che avrebbero potuto creare percezioni distorte.

Ho capito quale poteva essere il mio piccolo contributo durante i giorni di preparazione della Sun Dance (la principale cerimonia religiosa degli indiani delle praterie): non volevo essere lì come turista e spettatrice, ma la mia disponibilità poteva dimostrarsi in semplici azioni come aiutare a raccogliere la legna o a montare dei tepee. La grande energia ricevuta in cambio dall’essere presente alla cerimonia più sacra dei Sioux è una sensazione che mi porterò dietro per tutta la vita e che ancora oggi è difficile da spiegare a parole.

Nonostante le evidenti differenze che esistono fra le varie popolazioni indiane sul piano religioso c’è una cosa che le accomuna tutte: una profonda spiritualità, vissuta ogni giorno, in tutte le cose.

L’aspetto più distintivo delle tradizioni religiose dei Native Americani è che esse hanno un carattere fondamentalmente comunitario e non possiedono un significato reale al di fuori della comunità specifica in cui vengono celebrate cerimonie, cantate canzoni e raccontate storie. Sfortunatamente, le tradizionali relazioni simbiotiche che esistono tra l’individuo e la comunità sono state profondamente distorte nel passaggio che hanno avuto nella cultura euro-americana. Essa infatti ha iniziato ad incoraggiare l’adozione e la pratica della spiritualità indiana da parte di gente non nativa, noncurante del danno che possa apportare alle comunità indiane. Il risultato è che praticanti che non fanno parte della comunità in cui una cerimonia viene tradizionalmente celebrata, apportano un’impronta occidentale ed individualistica che viola i valori culturali comunitari delle popolazioni indiane.

In termini più generali si può affermare che il credo è animista: il creato, ogni essere vivente e tutti gli oggetti possiedono uno spirito interiore, ogni realtà naturale è sacra. Tutto l’universo non è che la forma materializzata dello spirito creatore (ciò che viene chiamato Sacred Mystery) che si manifesta ovunque, nel mondo degli esseri umani ma anche in quello animale, vegetale e minerale. In base a questo principio il dovere dell’Indiano è quello di vivere in armonia con tutto ciò che lo circonda: Mitakuye Oyasin (‘tutti i miei parenti’) è l’invocazione tutt’ora in uso nei riti lakota per indicare che l’uomo non sta un gradino più su rispetto alle altre creature, ma insieme con esse fa parte del creato.

 

Lo spirito immanente e creatore, il Sacred Mystery o Sacred Power, viene tradotto con diversi termini nelle varie tribù: wakan in Lakota, xube in Ponca, puha in Comanche; ma tutti i termini esprimono l’insieme delle manifestazioni che prendono la forma di qualsiasi essere animato o inanimato. La totalità delle manifestazioni di questo potere invisibile e misterioso si riassume spesso in un’entità, come Wakan Tanka tra i Lakota, o Maheo tra i Cheyenne, che solo parzialmente possono essere intese come esseri supremi personali e che, con il passare del tempo sono stati sostanzialmente identificati con la concezione cristiana di Dio.

Questo Sacred Mystery è l’energia di cui è intriso tutto l’universo, e che non ha personificazioni ma molteplici manifestazioni. E’la fonte di tutte le cose presente in tutte le cose. Si manifesta anche attraverso un universo mitologico di spiriti o dèi (alcuni buoni, alcuni malvagi, altri semplicemente dispettosi o burloni) che intervengono con il loro potere nel mondo reale, elargendo doni agli uomini o complicando loro la vita. La comunicazione o i contatti con il Grande Spirito possono avvenire in occasione di cerimonie collettive o in solitudine, tramite sogni o visioni in cui appare un ‘inviato’ che può essere lo spirito di un animale, il cui potere da quel momento può essere usato a vantaggio del singolo o della tribù .

Alcuni vegetali sono considerati sacri, così come alcuni oggetti hanno un potere sacro (per esempio la pipa), ma anche pietre e interi territori come le Black Hills sono sacri. Poi ci sono i numeri, i colori, i punti cardinali: ognuno con un suo significato e potere specifico. Infine ci sono il Cielo e la Terra, simboli del maschile e femminile ben distinti ma essenziali l’uno all’altra, complementari nella loro diversità. La Terra, in particolare, è amata e venerata come la madre di tutti: lei dà la vita e a lei si ritorna una volta morti.

MITAKUYE OYASIN

Elisabetta Rossi

La seconda parte

sul prossimo bollettino