di Matteo Liut
È la misericordia la risposta agli
interrogativi posti all'uomo dai mali che impediscono il pieno sviluppo di
ogni popolo. Ed è dalla misericordia che chi governa deve saper attingere
«strumenti» e valori per l'attività politica. Questo, in sintesi, il
contenuto del messaggio del Papa per la Quaresima 2006. «Gesù, vedendo le
folle, ne sentì compassione. (Mt 9,36)» è il titolo del documento che indica
la Quaresima come «tempo privilegiato del pellegrinaggio interiore verso
Colui che è la fonte della misericordia».
La misericordia, limite divino al
male
«Anche nella "valle oscura" di cui
parla il salmista (Sal 23,4) - riflette Benedetto XVI - Dio ci custodisce e
ci sostiene. Anche oggi il Signore ascolta il grido delle moltitudini
affamate di gioia, di pace, di amore». Miseria, solitudine, violenza e fame
non sono, secondo Ratzinger, situazioni destinate a «spadroneggiare»: esiste
un «limite divino imposto al male» ed è la misericordia, ricorda il
Pontefice citando un passaggio del libro «Memoria e identità» di Giovanni
Paolo II. Per questo al centro del messaggio si pone la questione dello
sviluppo. Per tutti gli uomini il progetto che nasce dallo «sguardo
commosso» di Cristo è la salvezza. «Gesù conosce le insidie che si oppongono
a tale progetto - scrive Ratzinger - e si commuove per le folle: decide di
difenderle dai lupi anche a prezzo della sua vita».
La via per un «umanesimo plenario»
Dall'icona del crocifisso, quindi,
parte ogni possibile percorso verso gli ultimi e i sofferenti. «La Chiesa sa
che, per promuovere un pieno sviluppo, è necessario che il nostro "sguardo"
si misuri su quello di Cristo - scrive il Papa -. In nessun modo è possibile
separare la risposta ai bisogni materiali e sociali degli uomini dal
soddisfacimento delle necessità del loro cuore». Per questo, riportando le
parole della «Populorum progressio» di Paolo VI, il Papa indica nel
«riconoscimento da parte dell'uomo dei valori supremi e di Dio, che ne è la
sorgente e il termine», l a via per un «umanesimo plenario», inteso come
«sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini». Un traguardo che, in
«un'epoca di grandi trasformazioni» come la nostra non può che cogliere come
«sottrazione di umanità» ogni carenza derivante dal sottosviluppo. «Il primo
contributo che la Chiesa offre allo sviluppo - sottolinea ancora il
Pontefice - non si sostanzia in mezzi materiali o in soluzioni tecniche, ma
nell'annuncio della verità di Cristo che educa le coscienze e insegna
l'autentica dignità della persona». Per questo, ricorda ancora il Papa, lo
stesso Paolo VI non esitava a proporre «soprattutto la la fede, dono di Dio
accolto dalla buona volontà dell'uomo».
L'esempio dei santi nel sostegno
allo sviluppo
L'immagine dello «sguardo di Gesù
sulle folle», spiega il Papa, chiama la Chiesa a conformarsi a esso, anche
grazie al digiuno, all'elemosina e alla preghiera, dimensioni da coltivare
in maniera particolare durante la Quaresima. «Gli esempi dei santi e le
molte esperienze missionarie che caratterizzano la storia della Chiesa -
sottolinea Ratzinger - costituiscono indicazioni preziose sul modo migliore
di sostenere lo sviluppo. Chi opera secondo la logica evangelica sa che chi
non dà Dio dà troppo poco, come diceva la beata Teresa di Calcutta: "La
prima povertà dei popoli è di non conoscere Cristo"».
Le responsabilità di chi governa
Sono molte le opere di carità sorte
nella Chiesa, «molto prima di altre espressioni della società civile» e che
indicano «la strada per guidare ancora oggi il mondo verso una
globalizzazione che conduca alla pace autentica». Con questo spirito la
Chiesa «chiede a chi ha responsabilità politiche e ha tra le mani le leve
del potere economico e finanziario di promuovere uno sviluppo basato sul
rispetto della dignità di ogni uomo». Importante strumento di verifica in
questo sarà il posto dato alla libertà religiosa, intesa come possibilità
«di contribuire all'edificazione di un mondo animato dalla carità». «In
questo sforzo si iscrive pure l'effettiva considerazione del ruolo centrale
che gli autentici valori religiosi svolgono nella vita dell'uomo, quale
risposta ai suoi più profondi interrogativi e quale motivazione etica
rispetto alle sue responsabilità personali e sociali - sottolinea ancora il
Papa -. Sono questi i criteri in base ai quali i cristiani dovranno imparare
anche a valutare con sapienza i programmi di chi li governa».
Il primato del «credere» sul «fare»
In conclusione, ricorda il
Pontefice, «non possiamo nasconderci che errori sono stati compiuti nel
corso della storia da molti che si professavano discepoli di Gesù», convinti
di dover prima cambiare «le strutture esterne». La Quaresima, invece, deve
essere un periodo privilegiato per affermare il primato del «credere» sul
«fare», non cadendo, come già sottolineato da Wojtyla, nella tentazione di
ridurre il cristianesimo a una scienza del buon vivere» e ricordando che
«Gesù è venuto a portare la salvezza integrale».
da Avvenire del 1 febbraio 2006