Conferenza Episcopale Italiana
Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente
in occasione della XXV “Giornata per la vita”
2 febbraio 2003
1. Gli esseri umani non sono merce. Ci sono
stati tempi, e purtroppo non sono finiti, in cui gli esseri umani sono stati
venduti e comprati, ciascuno con la sua valutazione; c’era chi teorizzava
la bontà, pratica e anche etica, di tutto ciò. Pochi osavano muovere
obiezioni; tra i pochi che intuivano, inorridivano e denunciavano quello che
a loro sembrava un attentato alla verità inscritta in ciascuno di noi, ci
furono i cristiani, perché l’insegnamento di Gesù Cristo, rivelando la
dignità dell’essere umano nella sua verità e in tutto il suo splendore,
non permetteva di fare distinzioni.
Il progressivo riconoscimento dei diritti umani non ha
estirpato completamente l’antica tendenza a considerare gli esseri umani
come una semplice merce. A volte, anzi, si arriva a legittimare presunti
diritti per sottomettere altri uomini secondo logiche di possesso, di potere
e di sfruttamento. In molti angoli del mondo, in quelli più poveri come in
quelli più ricchi, e in molti settori della vita la tendenza perdura,
adeguandosi ai tempi e alle mode.
Si va dalla stessa soppressione della vita nascente con l’aborto
al commercio di organi dei minori, ai bambini soldato, alle prostitute
schiave, ai ragazzi e alle ragazze sottoposti ad abusi sessuali, alla
speculazione sul lavoro minorile, ai lavoratori sottopagati e sfruttati,
forme tutte di autentica schiavitù. In ciascuno di questi casi la vita
umana è umiliata e sfigurata con cinico disprezzo.
Ancora più gravi sono gli esiti di questa logica
mercantile quando essa viene applicata direttamente alla persona umana. Da
tale logica traggono linfa molti attentati alla vita umana, in particolare
nell’ambito della vita nascente.
2. La vita è un dono fuori commercio. Nobile,
sicuramente, è il desiderio di divenire madre e padre. Ma questo non può
avvenire a ogni costo. Un figlio esige e merita di nascere da un atto d’amore:
dall’incontro e dal dono totale e reciproco di un uomo e una donna, uniti
in un autentico e stabile amore sponsale. Il figlio stesso è dono, amore,
incontro e relazione. Nasce, in altri termini, da un atto del tutto
gratuito, sottratto a ogni logica utilitaristica o mercantile, perché l’amore
non cerca il tornaconto personale. Così accade con i figli che, nati da un
libero gesto creativo di una sposa e di uno sposo, sono a loro volta esseri
liberi: liberi della libertà spirituale che deriva
dall'essere, in ogni caso, primordialmente figli di Dio.
Nessuna società - tranne un’autodistruttiva società
di predoni - può reggersi sull’estensione senza limiti del concetto di
“possesso”. Non tutto si può possedere; non di tutto si può
fare mercato. Ce lo suggeriscono la ragione e il buon senso; ce lo
ricordano il Vangelo e duemila anni di pensiero cristiano.
Come cristiani siamo chiamati ad annunciare con forza e
coraggio l’illuminante verità dell’amore del Padre che ci ha
riscattati donandoci la vita nel suo Figlio.
La comunità cristiana, «popolo della vita», guardando
ogni persona con l’occhio di Dio proclama il Vangelo della vita non solo
ai credenti ma a tutti e «gioisce di poter condividere con tanti altri il
suo impegno, così che sempre più numeroso sia il “popolo per la vita”
e la nuova cultura dell'amore e della solidarietà possa crescere per il
vero bene della città degli uomini»
(Evangelium vitae, 101).
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