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La morte del Vescovo emerito Vittorio Tomassetti

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DIOCESI DI FANO FOSSOMBRONE CAGLI PERGOLA
Omelia di S. E. Mons. Armando Trasarti
Esequie solenni di S. E. Mons. Vittorio Tomassetti, vescovo emerito

Cattedrale di Fano, 8 gennaio 2008

«Il volto luminoso del Buon Pastore»

“Alzati, rivestiti di luce,
perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla su di te”
(Is. 60,1)

Cari fratelli e sorelle,

un inno alla nuova Gerusalemme come simbolo di una umanità trasformata da Dio in un popolo giusto, pacifico e felice. Dio sarà tutto in tutti e tutti si sentiranno figli di Dio, privi di odio e di ambizioni meschine. Il prestigio della città santa sarà immenso e ad essa affluirà il meglio di tutti i popoli. Questo è il progetto che Gesù Cristo ha affidato alla Chiesa perché lo realizzi progressivamente attraverso i secoli.
Il giorno dell’Epifania, mentre in molte chiese si proclamava questo magnifico testo di Isaia, don Vittorio Vescovo veniva chiamato alla pienezza dell’incontro col Padre che è nei cieli.
L’amico dello Sposo, il servo buono e fedele, l’annunciatore di liete notizie, il vescovo testimone nel tempo della Chiesa della venuta del Cristo (come il Battista) non indica più la luce, ma entra nella luce, vi partecipa come in una festa nuziale. Venite alla festa. Chiamate tutti al banchetto delle nozze eterne.
Andate nei crocicchi delle strade , invitate ciechi, storpi, zoppi, i non aventi diritto.. Il Figlio deve dare una festa. L’amore di Dio per l’umanità è appassionato, insistente. Dio non sa essere che amore.

La storia personale di un prete, di un Vescovo è e sarà sempre una storia sponsale, una storia d’amore, di solo amore. Noi che abbiamo partecipato alla mensa della Parola e dell’Eucaristia investiamo tutto il nostro vivere nell’imbandire il banchetto della misericordia, della parola, del pane di vita, della fraternità.
Ma il prete, il Vescovo è innanzitutto un uomo, non è fatto di un legno diverso da quello di cui tutti siete fatti: è vostro fratello. Egli continua a condividere la sorte dell’uomo anche dopo che la destra di Dio, attraverso l’imposizione delle mani, si è posata su di lui: la sorte dei deboli, la sorte di quelli che sono stanchi, scoraggiati, inadeguati, peccatori. Eppure i preti, i Vescovi, proclamano la fede che vince il mondo e portano la grazia che trasforma i peccatori e i perduti in sani e redenti.
Sono uomini: sono mandati e vi dicono con la loro povera umanità: vedete, Dio ha misericordia di uomini come noi; vedete, per i poveri e per gli stolti, per i disperati e per i moribondi è sorta la stella della grazia. Dicono, come messaggeri umani dell’eterno Dio: non vi adirate contro di noi! Noi sappiamo di portare il tesoro di Dio in vasi di creta, sappiamo che la nostra ombra offusca continuamente la divina luce che dobbiamo portare. Siate misericordiosi verso di noi, non giudicate, abbiate pietà della debolezza sulla quale Dio ha posato il fardello troppo pesante della sua grazia. Considerate come una promessa per voi stessi il fatto che noi siamo uomini. Voi avrete un giorno paura e orrore di voi stessi, quando avrete sperimentato difficoltà. Il Signore mi concederà la grazia di restare fedele anche se sono da solo con Lui, anche quando gli altri sembrano non interessarsi, anche quando i risultati che vedo non sembrano rendere ragione di tante fatiche e di tanti sacrifici. So che il Signore mi concederà di saper restare con Lui. La sua fedeltà mi renderà fedele.

Con la morte di Mons. Vittorio Tomassetti, di Mons. Michetti, di recente a Pesaro e di Mons. Bianchi a Urbino alcuni anni or sono, scompaiono figure di Vescovi poco appariscenti, raramente segnalati dalla stampa, anche quella di casa nostra, ma che hanno segnato il territorio dell’Alta Marca, di profondissima umanità pastorale, di legami paterni con il clero, di incisiva testimonianza nella vita del buon popolo di Dio, di uno straordinario silenzio operoso.
Con don Vittorio le parole si sono riconciliate con il vissuto, le notizie si sono riappacificate con la Buona Notizia del Vangelo incarnato, con il Vangelo della carità, i grandi progetti pastorali con l’accompagnamento nel possibile di tutti i giorni, l’intelligenza ha sposato la semplicità, i sogni pastorali hanno fatto pace con il realismo.
Carissimo Padre don Vittorio dicevi il 21 ottobre scorso, al mio ingresso in Diocesi: “Ci sono nuovi vescovi per un mondo che cambia”. Ma ricordaci che non si possono invocare scorciatoie nel percorso cristiano. Oggi, come sempre, necessitano apostoli-testimoni compromessi in toto con la parola annunciata.
Le più belle pagine di Vangelo vissuto lo Spirito Santo sembra scriverle attraverso uomini di Dio umili, schietti, testimoni, anche fragili.

Volendo trovare una cornice in cui racchiudere la figura di Mons. Vittorio - soprattutto nel sentire comune del popolo di Dio in questi anni di Episcopato a Fano - oserei indicare il Vescovo Vittorio come l’uomo di Dio che ha sperimentato i beni dell’umiltà.

Sono immensi questi beni dell’umiltà: l’umiltà l’ha tolto dalle illusioni, l’ha reso realista, concreto, vero, persino fragile in alcuni aspetti.
L’umiltà gli ha facilitato la carità. Non ci accorgiamo che tutti i nostri guai dipendono dal nostro orgoglio? Quando ci offendiamo, quando rispondiamo colpo a colpo, quando ci irritiamo, quando perdiamo la pazienza c’è sempre in mezzo il nostro orgoglio.
L’umiltà gli ha donato soprattutto sincerità. La sincerità con se stesso, sincerità con Dio, sincerità con i fratelli. L’umiltà ha orrore della falsità e abitua a smascherare in noi quello che non è autentico.
L’umiltà ha reso don Vittorio libero. La persona umile non si lascia condizionare dai propri meriti e dalle ambizioni. L’umiltà rende liberi dalle doppiezze, rende genuini, è una scuola di libertà. L’umiltà non ci lascia dare sfoggio di noi stessi. Non ci lascia sottolineare i nostri meriti. Ci fa capire che è stonato parlare tanto di noi stessi.
S. Francesco di Sales diceva: “Parlare di sé è pericoloso come camminare sulla corda”.
L’umiltà in don Vittorio è divenuta concretezza. E’ riconoscere i doni di Dio in noi e negli altri. E’ lo sforzo di cercar lo sguardo di Dio in tutto e non lo sguardo degli uomini. E’ il desiderio di piacere a Dio in tutto.
L’umiltà è stata in don Vittorio sorgente di pace.
Dice San Tommaso : “L’umiltà rende l’uomo malleabile sotto l’azione della grazia divina”. L’umile accetta i suoi limiti. L’umile sente il bisogno degli altri. L’umile è sottomesso a Dio.

Un’ ultima attenzione alla figura di Mons. Vittorio, credente e Vescovo: il suo rapporto semplice, lineare, libero, direi quasi disarmante, con il passaggio di consegne a me suo successore nella guida-compagnia a questa Chiesa di Fano.

La ‘terza età’ è per certi eventi una rottura, talvolta duramente risentita: il ritmo della vita si è allentato, la forma di lavoro che si era condotta e che ci aveva in qualche modo modellato, è cambiata. Questo periodo della vita non va considerato con sentimento di insuccesso e di delusione. La vecchiaia è veramente un’ età della vita: essa è il compimento della vita adulta. Gli anziani vanno considerati non secondo il rendimento, sono una lezione salutare: vi è una dimensione della vita che è fatta di valori umani, culturali, sociali, spirituali dei quali non si può calcolare il prezzo in moneta e in operatività. L’esperienza della vecchiaia permette di misurare il valore relativo delle cose terrene. Se l’età consiglia a ritirarsi dal ministero attivo, l’esercizio del sacerdozio non è sostanzialmente diminuito, ma ha solo cambiato di esperienza.
Non posso non citare il meraviglioso intervento del Vescovo Vittorio la sera del mio ingresso: “Nella vita della Chiesa il doversi dimettere da un ufficio non è e non può essere considerato e meno ancora vissuto in negativo, come una cesura, l’addio a una carriera e un ritorno nell’ombra o come una diminuzione, ma come una condizione perché la realtà della Chiesa possa crescere, avanzare di uno scatto in più (…) Un Vescovo che pretendesse mantenere le sue prerogative di governo fino al momento della morte, come potrebbe realizzare questo…senza correre il rischio di causare una battuta d’arresto nello sviluppo di ogni realtà vitale, per anni amorevolmente coltivata e amata, di farla inaridire. L’avvicendamento di cui questa sera ci troviamo protagonisti lo vivremo, da ambedue le parti, non come dolente commiato e con lacrimoso rimpianto, ma come una festa, che coinvolge sotto aspetti differente le due comunità di Fano e Fermo. Da parte mia continuerò a sentirmi in famiglia nella Diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola. dando spazio anche alla dimensione della sponsalità con la preghiera e con le residue mie possibilità di subordinato aiuto, nel flusso della continuità”.

Con un inno dell’ottavo-nono secolo, la Chiesa saluta Maria la madre di Dio, come “stella del mare”: Ave maris stella . Maria, stella della speranza.
La vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro ed in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Gesù è il sole sorto sopra tutte le tenebre, le tenebre della morte. Egli è il vivente, il risorto.
Ma per giungere a Lui abbiamo bisogno di luci vicine. Maria facci strada, conduci tutti noi a Cristo tuo Figlio. Madre del buon consiglio (come tu l’invochi nel testamento spirituale). Madre della consolazione, tienici ancora per mano. Amen

Addio (Ad Deum) don Vittorio , Vescovo e Padre di questa Chiesa. Tu Pastore Buono.
X Armando Trasarti
Vescovo
 

L’ULTIMO “ABBRACCIO” DI FANO A TOMASSETTI
Giacomo Ruggeri da “Avvenire”

FANO. Un Vescovo capace di. segnare la vita di una comunità e di, un territorio grazie alla sua «profondissima umanità pastorale», ai “legami paterni con il Clero” alla «incisiva testimonianza» di una operosità senza clamori. Così il vescovo di Fano – Fossombrone – Cagli - Pergola, Armando Trasarti, ha ricordato il suo predecessore Vittorio Tomassetti - morto domenica, giorno dell'Epifania - nell'omelia del funerale celebrato ieri nella Cattedrale di Fano.
Alla presenza della Conferenza episcopale marchigiana e di altri presuli originari di Fano, sono stati in tanti i fedeli della diocesi e gli ex. alunni di Tomassetti - che fu rettore del Seminario regionale di Fano - che anno voluto dirgli un grazie corale denso di stima e affetto. Benedetto XVI, per mezzo del segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, ha inviato un telegramma di vicinanza e affetto «assicurando preghiere di suffragio abbondanti per l'anima zelante del pastore Vittorio e il suo generoso ministero».
Al sito diocesano (www.fanodiocesi.it) e nel libro posto nella Cattedrale di Fano sono giunti tantissimi messaggi di ricordo del servizio nei dieci anni di guida pastorale della Chiesa fanese: giovani e anziani. lavoratori e uomini pubblici, sacerdoti e missionari all'estero.
«Il vescovo Vittorio - ha sottolineato Trasarti - è stato l' uomo di Dio che ha sperimentato i beni dell'umiltà. L’ umiltà gli ha facilitato la carità: e noi – domanda il presule - non ci accorgiamo che tutti i nostri guai dipendono dal nostro orgoglio? L’umiltà ha donato al vescovo Vittorio soprattutto sincerità con se stesso. con Dio e con i fratelli. L’umiltà ha reso don Vittorio libero perché questa rende liberi dalle doppiezze. rende genuini: è una scuola di libertà».
Tanti i giovani in tanti nel Duomo. ma anche davanti a un maxi schermo. Uniti nel dirgli grazie «promettendo di iniziare a spendere la nostra vita in scelte vocazionali forti», racconta un .ragazzo. A loro il vescovo emerito di Fano aveva rivolto parole forti nel giorno dell'accoglienza dei pellegrini in occasione dell'Agorà di Loreto.
A conclusione delle esequie il Vescovo Domenico Sigalini ha usato tre superlativi per ricordare il servizio episcopale di Tomassetti a Paletrina dal 1992 al '97. prima di essere destinato a Fano: “Pazientissimo, umilissimo, dolcissimo”