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Un cammino di Santiago

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Todo el que beba de esta agua volverá a tener sed,
pero el que beba de el agua que jo el daré no tendrá sed jamás.
Jesus - Ligonde 12.08.2006, Fuente del Peregrino.

“Il Cammino percorso due mesi e mezzo fa sui sentieri

dell’apostolo Giacomo, si è concluso con un falò a Cabo Fisterra,sulla Costa della Morte, l’ultimo lembo di terra prima della maestà dell’oceano Atlantico. La tradizione del cammino vuole che il pellegrino, dopo aver raggiunto Santiago de Compostela (San Giacomo del campo delle stelle), prosegua alla volta di Finistèrre per bruciare un indumento indossato durante il viaggio e bagnarsi nelle gelide acque dell’oceano per purificarsi. Ho bruciato una maglietta. Niente di speciale, una scolorita t-shirt verde militare da ipermercato, alla quale però ero affezionato, perché l’avevo indossata in molti altri viaggi.

Non è possibile spiegare cosa spinge a compiere il Cammino di Santiago. Probabilmente, nessun pellegrino è in grado di definire pienamente il perché del proprio Cammino. In genere è una domanda che nemmeno si rivolge alle persone che s'incontrano, forse perché nello stesso tempo la risposta non si conosce o si conosce, nella stessa misura in cui non s'immagina o s'immagina. Ma la domanda, se posta, suscita immediatamente, spesso, un reciproco sorriso.

Pur avendo creato nella mia mente delle aspettative, ho scoperto il Cammino giorno per giorno indossando gli scomodi sandali del pellegrino. Svegliandomi presto al mattino con i miei due compagni di viaggio e camminando fino a sera. Soffrendo a volte per la fame e la sete, per la stanchezza fisica e psicologica. Tutte cose che ho superato con la volontà, trovando il ritmo e restando positivo. Positivo quando le gambe facevano male e un’altra salita era lì ad attendermi, quando le vesciche si facevano sentire ad ogni passo e il sentiero lastricato di ciottoli sembrava non finire mai; positivo quando la borraccia era vuota e non c’era una fonte vicina, quando trascinavo le gambe per la fame ma il rifugio era lontano; positivo quando mi sentivo solo perché ero rimasto indietro o quando mi sentivo solo pur camminando con un compagno; positivo quando sentivo di voler pregare il Signore per darmi la forza di proseguire ma non ne avevo il fiato. Perché la salita prima o poi terminava e passavo alla pianura o c’era un ruscello per rinfrescare le piaghe dei piedi e ripartire; perché poco più avanti o più indietro arrivava un amico a darmi un sorso d’acqua o giungevo finalmente ad un rifugio per mangiare un boccone; perché anche se ero solo, in fondo, non ero mai solo e perché anche se non avevo fiato, il Signore mi sentiva lo stesso.

Il Cammino scorreva sotto i piedi, a volte lieve come un fresco sentiero in bosco d’eucalipti, a volte pesante come una landa arida e inospitale, fino ad arrivare, ogni sera, al rifugio del pellegrino e poi a Santiago de Compostela, in piazza dell’Obradorio, davanti alla più bella Cattedrale della Galizia, della Spagna e del mondo intero, con gli occhi e l’Anima sciolti in un pianto liberatorio e purificante, con i piedi che si erano ormai fermati ma con il cuore che continuava a camminare su quei sentieri. E lo fa anche ora nei momenti più difficili, a ricordarmi che se voglio tutto è possibile.

Camminare costa fatica. Significa trovare, con il tempo che richiede, il proprio passo e

mantenerlo. Non si può pensare di camminare tutto il giorno con un ritmo superiore o inferiore al proprio. Sono sbagli che si pagano con la sofferenza che è la miglior maestra. Camminare è come vivere ed insegna a vivere. Come nella vita ciascuno ha i suoi tempi e il suo approccio alle cose ed agli eventi, così ciascuno ha il suo approccio al Cammino e ciascuno cambia camminando.

Davanti alla tomba dell’Apostolo, era stata emozione pura, che non aveva dato spazio al compimento delle riflessioni fatte lungo il Cammino francese. Trovarmi al tramonto davanti alle onde che frangevano sulla scogliera ormai deserta della Costa della Morte, a tre giorni di distanza dalla fine del Cammino, mi ha regalato un intenso momento di riflessione che ha abbracciato il Cammino stesso, i miei ultimi tre difficili anni, il futuro, ed un presente accompagnato da una vocina dentro di me che mi diceva “…ce l’hai fatta…”. E infine, una speranza tanto calda da bruciare il cuore, riflessa nell’oceano incendiato sull’orizzonte dal sole, di vedermi fra tanti anni, dopo aver vissuto altri dolori ed altre gioie, sempre in piedi e sempre in contatto con me stesso, come in quel momento.

 di Simone Massi