“Il
Cammino percorso due mesi e mezzo fa sui sentieri
dell’apostolo Giacomo, si è concluso con un
falò a Cabo Fisterra,sulla Costa della Morte, l’ultimo lembo di terra prima
della maestà dell’oceano Atlantico. La tradizione del cammino vuole che il
pellegrino, dopo aver raggiunto Santiago de Compostela (San Giacomo del
campo delle stelle), prosegua alla volta di Finistèrre per bruciare un
indumento indossato durante il viaggio e bagnarsi nelle gelide acque
dell’oceano per purificarsi. Ho bruciato una maglietta. Niente di speciale,
una scolorita t-shirt verde militare da ipermercato, alla quale però ero
affezionato, perché l’avevo indossata in molti altri viaggi.
Non è possibile spiegare cosa spinge a
compiere il Cammino di Santiago. Probabilmente, nessun pellegrino è in grado
di definire pienamente il perché del proprio Cammino. In genere è una
domanda che nemmeno si rivolge alle persone che s'incontrano, forse perché
nello stesso tempo la risposta non si conosce o si conosce, nella stessa
misura in cui non s'immagina o s'immagina. Ma la domanda, se posta, suscita
immediatamente, spesso, un reciproco sorriso.
Pur avendo creato nella mia mente delle
aspettative, ho scoperto il Cammino giorno per giorno indossando gli scomodi
sandali del pellegrino. Svegliandomi presto al mattino con i miei due
compagni di viaggio e camminando fino a sera. Soffrendo a volte per la fame
e la sete, per la stanchezza fisica e psicologica. Tutte cose che ho
superato con la volontà, trovando il ritmo e restando positivo. Positivo
quando le gambe facevano male e un’altra salita era lì ad attendermi, quando
le vesciche si facevano sentire ad ogni passo e il sentiero lastricato di
ciottoli sembrava non finire mai; positivo quando la borraccia era vuota e
non c’era una fonte vicina, quando trascinavo le gambe per la fame ma il
rifugio era lontano; positivo quando mi sentivo solo perché ero rimasto
indietro o quando mi sentivo solo pur camminando con un compagno; positivo
quando sentivo di voler pregare il Signore per darmi la forza di proseguire
ma non ne avevo il fiato. Perché la salita prima o poi terminava e passavo
alla pianura o c’era un ruscello per rinfrescare le piaghe dei piedi e
ripartire; perché poco più avanti o più indietro arrivava un amico a darmi
un sorso d’acqua o giungevo finalmente ad un rifugio per mangiare un
boccone; perché anche se ero solo, in fondo, non ero mai solo e perché anche
se non avevo fiato, il Signore mi sentiva lo stesso.
Il Cammino scorreva sotto i piedi, a volte
lieve come un fresco sentiero in bosco d’eucalipti, a volte pesante come una
landa arida e inospitale, fino ad arrivare, ogni sera, al rifugio del
pellegrino e poi a Santiago de Compostela, in piazza dell’Obradorio, davanti
alla più bella Cattedrale della Galizia, della Spagna e del mondo intero,
con gli occhi e l’Anima sciolti in un pianto liberatorio e purificante, con
i piedi che si erano ormai fermati ma con il cuore che continuava a
camminare su quei sentieri. E lo fa anche ora nei momenti più difficili, a
ricordarmi che se voglio tutto è possibile.
Camminare costa fatica. Significa trovare,
con il tempo che richiede, il proprio passo e
mantenerlo. Non si può pensare di camminare
tutto il giorno con un ritmo superiore o inferiore al proprio. Sono sbagli
che si pagano con la sofferenza che è la miglior maestra. Camminare è come
vivere ed insegna a vivere. Come nella vita ciascuno ha i suoi tempi e il
suo approccio alle cose ed agli eventi, così ciascuno ha il suo approccio al
Cammino e ciascuno cambia camminando.
Davanti alla tomba dell’Apostolo, era stata
emozione pura, che non aveva dato spazio al compimento delle riflessioni
fatte lungo il Cammino francese. Trovarmi al tramonto davanti alle onde che
frangevano sulla scogliera ormai deserta della Costa della Morte, a tre
giorni di distanza dalla fine del Cammino, mi ha regalato un intenso momento
di riflessione che ha abbracciato il Cammino stesso, i miei ultimi tre
difficili anni, il futuro, ed un presente accompagnato da una vocina dentro
di me che mi diceva “…ce l’hai fatta…”. E infine, una speranza tanto calda
da bruciare il cuore, riflessa nell’oceano incendiato sull’orizzonte dal
sole, di vedermi fra tanti anni, dopo aver vissuto altri dolori ed altre
gioie, sempre in piedi e sempre in contatto con me stesso, come in quel
momento.
di Simone Massi |