Presentata nell’ultima Assemblea Cei, l’indagine offre uno spaccato della
situazione italiana. Quali sono le "ricette" per affrontarla?
«La figura del parroco rimane l’incarico in cui si identifica la
maggioranza del clero, ma aumenta il fenomeno dei doppi e tripli incarichi.
Il parroco resta la figura più duttile», cioè la più disposta a lasciarsi
interpellare dai cambiamenti della cultura e della società e ad aggiornarsi.
«Al Centro e al Sud più del 40% dei sacerdoti è diventato parroco entro i 35
anni, al Nord meno del 30%».
Sono alcune conclusioni dell’Indagine sui sacerdoti e i seminaristi del
clero diocesano in Italia, commissionata dalla Conferenza episcopale
italiana e curata da don Luca Bressan e dal professor Luca Diotallevi, in
collaborazione con Eurisko, condotta nella primavera 2005 tra 650 preti, su
circa 25.000, e tra 1.046 seminaristi teologi, un terzo del totale.
Idea di ministero. I preti si sentono «ministri inseriti in una Chiesa
sufficientemente stabile». Nella diocesi «il vescovo emerge come figura di
riferimento e di legittimazione, molto meno come sostegno». Sono convinti
che «questo modello di Chiesa continuerà nel tempo senza grandi scossoni».
Tre su quattro pensano che fra 30 anni ci sarà ancora l’attuale modello di
parrocchie, ma diminuite di numero.
Il loro compito è sostenere e accompagnare tutti «non selezionando e non
creando gruppi particolari» perché la parrocchia «è territoriale e
popolare». Più incerti sono sulla "tenuta" del cattolicesimo popolare: il
37% pensa che fra 30 anni i bambini saranno battezzati nei primi mesi di
vita come oggi, il 38% no, il 25% è incerto. L’82% crede che un’eventuale
riduzione del ministero a un ruolo liturgico-sacrale sia «un impoverimento
da evitare», che l’impegno sociale e caritativo aumenterà, che bisogna
cercare «nuovi modi di far pregare la gente».
Società e politica. Sono decisamente progressisti e non si lasciano
attrarre dalle chimere del mercato. «Come la maggior parte dei cattolici
praticanti regolari, sacerdoti e seminaristi si mostrano piuttosto contrari
a una economia in cui conta meno lo Stato e solo la Borsa e i mercati»; sono
in larghissima maggioranza per la difesa del «posto di lavoro garantito»;
nell’istruzione preferiscono più risorse «a favore della scuola statale».
Quindi, «come la maggior parte degli italiani con elevati titoli di studio,
preti e seminaristi sono più disponibili ad accettare la modernizzazione
sociale; sono aperti agli immigrati; preferiscono che la crisi della
giustizia sia affrontata con il miglioramento delle procedure e non con
l’inasprimento delle pene; hanno una scarsa "fiducia positivistica" verso la
scienza e una diffusa convinzione che il modello di famiglia debba essere
tutelato dalla legislazione. L’orientamento politico è molto soggettivo,
preciso e stabile con prevalenza del centro e del centrosinistra».
La maggioranza propende per il centro, non centrosinistra né centrodestra,
ma centro: il 32% è di centro, il 27% di centrosinistra, il 10% di
centrodestra, il 2% di sinistra, il 2% di destra, il 14% non si interessa,
il 10% «non saprei», il 3% non risponde. Non c’è nostalgia per la Democrazia
cristiana se alla domanda «esistono o sono esistiti partiti cattolici?» il
47% risponde che «non è sempre possibile o necessario che i cattolici siano
uniti in politica», il 36% che «i cattolici possono portare il loro impegno
nella politica solo se agiscono uniti», il 9% che «la vera testimonianza
cristiana è individuale».
Benedetto XVI, durante l’udienza concessa ai vescovi italiani, affronta
vita e ministero dei preti «nell’ottica di una Chiesa protesa alla
fondamentale missione evangelizzatrice». Ricorda ai vescovi i loro doveri:
essere vicini ai sacerdoti perché «attraverso il sacramento dell’ordine
partecipano al ministero apostolico affidatoci»; curare un’attenta selezione
dei candidati «verificandone le predisposizioni ad assumere gli impegni
connessi con il ministero»; coltivarne la formazione permanente dopo il
seminario; «avere a cuore il loro benessere materiale e spirituale;
esercitare la nostra paternità verso di loro con animo fraterno; non
lasciarli mai soli nelle fatiche del ministero, nella malattia, nella
vecchiaia e nelle inevitabili prove della vita».
di Pier Giuseppe
Accornero
da "vita pastorale" |