Da Roma Salvatore Mazza

Il dibattito sulla creazione «è aperto e continuerà a
esserlo». Discuterne «liberamente» è infatti «il campo della scienza»,
mentre «sono i fondamentalisti che vogliono dare un contenuto scientifico
alla Scrittura, che non aveva uno scopo scientifico». Ha tagliato corto,
come si usa dire in questi casi, il cardinale Paul Poupard. Che ieri,
presentando il primo Congresso internazionale sul tema L'infinito nella
scienza, nella filosofia e nella teologia, promosso dal 9 all'11 novembre
alla pontificia Università Lateranense nel quadro del progetto Stoq (Science,
Theology and the Ontological Quest), ha così risposto a una domanda sulla
possibilità di coesistenza o meno tra creazionismo e darwinismo. Secondo
Poupard, presidente del pontificio Consiglio della Cultura, il rischio è
sempre quello di «confondere i piani», lasciandosi guidare più «dalle
ideologie e dagli "ismi"» che «dalla ragione». Lo stesso, insomma, che è
avvenuto per le teorie della creazione e quella evoluzionistica; questione
sulla quale, tuttavia, sono state determinanti le parole pronunciate da
Giovanni Paolo II, il quale sottolineò che «l'ipotesi della evoluzione è più
che un'ipotesi». «Per definizione - ha spiegato in proposito monsignor
Gianfranco Basti, direttore del progetto Stoq, presente alla conferenza
stampa con Rodolfo Guzzi, dell'Agenzia spaziale italiana, e Vincenzo
Cappelletti, ordinario di storia delle scienze a Roma Tre - un'ipotesi può
essere vera o falsa. Affermare che la teoria della evoluzione è più che
un'ipotesi significa far assumere alla teoria un livello di verosimiglianza
sempre più alta». Al punto che «oggi si può guardare alla ipotesi evolutiva
con maggiore rispetto perché ha una consistenza esplicativa che non aveva in
origine», avendo fornito importanti riscontri oggettivi ed empirici che non
contraddicono «il principio di creazione». Non a caso, ha insistito, lo
stesso Darwin, al termine del suo libro sull'origine delle specie fa un
riferimento chiaro a un principio - Dio- che «ha alitato la vita a tutte le
successive rappresentazioni viventi
Avvenire – 4 novembre 2005 |