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AGENDA
POLITICA PER UN DEMOCRATICO
La
democrazia vera si basa su tre colonne: solidarietà, sussidiarietà,
legalità. Cosi alcuni padri dell’Europa democratica l’hanno concepita e
disegnata. Un nome per tutti:Giuseppe Dossetti,un dei fondatori della
Costituzione italiana,ritiratosi dalla politica nel 1953 perché la sua
utopia faceva fatica a farsi strada nel partito,nel famoso discorso di
Bologna “Eucaristia e città” del 1967 dava questi
suggerimenti:a) Un progetto politico democratico cristiano dovrà essere
laico cioè distinto dalla comunità di fede:i piani sono diversi anche se l’ispirazione
è unica.
b)Questo
progetto dovrà avere però una genialità creativa, una validità storica,
una sapienza interna.
c)
Dovrà nascere da un senso di giustizia e di carità disinteressata
soprattutto verso i poveri, gli umili e i piccoli(“ servire i poveri
senza servirsi dei poveri per farsi strada”- Helder Camara).(18).
Vorrei
chiudere quest’intervento con un appello personalizzato che ci propone
Paolo VI nella grande enciclica Populorum progressio perchè se un
progetto politico non cambia prima di tutto noi stessi diventa ideologia
pericolosa e inutile: ” Non si tratta soltanto di vincere la fame e
neppure di ricacciare indietro la povertà. La lotta contro la miseria, pur
urgente e necessaria, è insufficiente. Si tratta di costruire un mondo in
cui ogni uomo, senza esclusioni di razza(altro che la razza padana o la
cultura occidentale!...),di religione,di nazionalità,possa vivere una
vita pienamente umana,affrancata dalle schiavitù che gli vengono dagli
uomini e da una natura non pienamente dominata;un mondo dove la libertà non
sia una parola vana( ricordiamo la definizione di Mons. Bettazzi di
questo liberalismo:”libera volpe in libero pollaio”) e dove il povero
Lazzaro possa assidersi alla stessa mensa del ricco…Ciascuno esamini la
sua coscienza,che ha una voce nuova per la nostra epoca. E’ egli pronto
con il suo denaro a sostenere le missioni organizzate in favore dei poveri?
A sopportare maggiori imposizioni affinché i poteri pubblici siano messi in
grado di intensificare il loro sforzo per lo sviluppo? A pagare più cari i
prodotti importati onde permettere una più giusta remunerazione al
produttore? A lasciare,ove fosse necessario il proprio paese,per aiutare
questa crescita delle giovani nazioni?”(20).
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