Pagina Precedente Più culle, che fare? Pagina Successiva

L’Italia invecchia sempre più a causa del suo basso tasso di natalità, un tasso che la colloca negli ultimi posti tra i paesi industrializzati.

I demografi sostengono che, per avere garantito il ricambio generazionale in una nazione, occorrono almeno due figli a coppia, più esattamente 2,10 mentre in Italia, già da qualche anno, siamo a quota 1,27.

Che fare dunque? Questo è la domanda che ci si pone negli ambienti interessati e che allarma non pochi giovani.

I rimedi andrebbero ricercati in primo luogo in un consistente miglioramento del tenore di vita delle famiglie, non disgiunta peraltro da una rinnovata fiducia per il futuro da parte delle giovani generazioni. Ma ciò non basta.

L’equazione: “più disponibilità economica uguale più figli”, non sempre risponde al vero come dimostrano i fatti. E’ necessario che nelle giovani coppie emerga con vigore il senso del dovere e la propensione alla rinuncia a scapito dell’egoismo e del sempre più diffuso edonismo.

Come dire: è nella capacità delle persone il saper operare scelte ben precise e il voler ripristinare i valori di base. Solo se c’è la volontà di ristabilire certe regole e di rilanciare certi comportamenti si potrà sperare in un sostanziale cambiamento.

Una nazione con pochi giovani e molti anziani ha poche prospettive di sviluppo e costi sociali molto elevati. Sono facilmente prevedibili i guasti che deriverebbero nel lungo periodo da uno squilibrio demografico così marcato.

Lo Stato deve fare la sua parte. I suoi interventi dovranno mirare ad eliminare quel clima di ansia e d’incertezza che impedisce ai giovani, da tempo, l’uscita dalle famiglie d’origine e che di fatto blocca la creazione di nuovi nuclei familiari.

Superato questo ostacolo e rilanciate le prospettive di sicurezza e di miglioramento economico, le giovani coppie avranno, è auspicabile, un motivo in più per pensare ai figli.

Marco Fiorelli