Gli
Indiani sono quindi ben lontani dall’immagine che di loro si sono fatti i
bianchi: pagani, miscredenti e idolatri. Occorre tuttavia allontanarsi dalla
concezione di religione prevalente nella cultura occidentale, nel cui
contesto pure il termine ha avuto origine, con la sua enfasi sui sistemi di
dogmi e credenze e sul concetto di una o più divinità. Sebbene questi
elementi non siano del tutto assenti nelle religioni native americane, essi
non ne costituiscono affatto il nucleo centrale e dominante: molto spesso le
religioni native non si presentano come insiemi coerenti e sistematici di
credenze e nozioni condivise da tutti i membri della comunità e, in numerosi
casi, la nozione di un dio o di un certo numero di divinità personali ben
delineate, sembra essere il risultato di recenti influenze da parte della
religione cristiana. Molto spesso le religioni native si presentano come
sistemi di pensiero e di azioni relativamente fluidi e indefiniti, dove,
all’interno di quadri generali di riferimento forniti dalla cultura del
gruppo, gran parte della esperienza religiosa viene lasciata al singolo
individuo, alle sue capacità e alla sua sensibilità personale. L’universo
religioso dei popoli nativi sembra correlato alle nozioni di esperienza
personale, di sviluppo delle facoltà di percezione non ordinaria, di ricerca
di una via di conoscenza realizzata attraverso il sogno o la visione, di
pratiche rituali che si dimostrino efficaci nella soluzione di problemi
esistenziali e quotidiani.Secondo questa accezione, le
attività propriamente religiose non sono un aspetto separato e isolato della
vita sociale e individuale, ma coinvolgono vari aspetti della vita
quotidiana e sono a volte difficilmente isolabili da contesti diversi. La
caccia, l’agricoltura, la preparazione di utensili, l’abbattimento di un
albero e la costruzione di un edificio sono attività inestricabilmente
connesse con pratiche di ordine religioso e rituale.
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Nelle società native americane la religione non può
essere ridotta a un affare privato o a dottrine in cui si crede. La vita
religiosa trasporta invece verso la vitalità che riempie le circostanze
ordinarie e verso i poteri che rendono il mondo concreto. L’esperienza
religiosa apre il terreno al teatro e alle arti, alla musica, alla poesia e
alla danza, al disegno e all’architettura. La vita religiosa comprende la
spiritualità individuale e collettiva così come le attività economiche e
diverse forme di conoscenza. In queste circostanze la religione diviene la
base per una corretta percezione del mondo naturale e della natura umana, e
inoltre della terra, dello spazio e del tempo.
Tuttavia è vero che la concezione del male, del peccato,
è poco sviluppata nella religione indiana, e in alcune tribù è del tutto
assente. Non esistono di conseguenza Inferno e Paradiso e le cattive azioni,
comprese quelle peggiori come l’assassinio, sono espiate sulla terra e
nessuna colpa è portata con sé dopo la morte: chi non è vissuto in armonia
con la natura non merita una punizione nell’aldilà, perché vivendo così
sulla terra ha già espiato abbondantemente. Un comportamento corretto è da
ricercare e seguire solamente per essere in armonia con il creato e con la
propria coscienza, come virtù fine a se stessa. La concezione di una umanità
peccatrice per natura, come hanno tentato di far capir loro i missionari
cattolici, è a dir poco impensabile: tutta la natura è buona e l’essere
umano è parte di essa.
L’atteggiamento di rispetto nei confronti della natura non è legato a
nessuna visione di tipo ecologica, la quale appartiene più invece alla
dualista concezione del mondo occidentale, ma deriva dal carattere sacro e
spirituale che ad essa attribuiscono nella sua totalità.
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All’opposizione uomo/natura propria della cultura
moderna, il pensiero dei Nativi Americani contrappone la relazione
natura-uomo: l’uomo è un essere della natura, il suo vero esistere è solo un
esistere nella natura, perché l’uomo non è affatto qualcosa di separato,
diverso e distinto dalla natura, egli è natura. Questo misticismo
naturalista degli Indiani d’America è il legame olistico e di reciprocità
che essi sentono con la Terra e la natura, è un legame spontaneo
essenzialmente spirituale e religioso: “un’ecologia sacra” a cui anche la
cultura occidentale cerca di avvicinarsi contrastando l’idea dominante di
opposizione uomo/natura. Gli ecologisti di oggi rivalutano la cultura nativa
americana per aiutare a porre fondamenta più solide alla filosofia e alla
cultura ecologiche, poiché se la vita degli Indiani non può prescindere da
un rapporto in armonia con la natura, per gli occidentali si tratta di una
decisione e di una presa di coscienza impegnative che riconducano alla
riscoperta del rispetto per la terra che è il luogo dell’essere.
Il profondo senso religioso, con cui gli Indiani
affrontano quotidianamente la vita, è espresso molto bene dal simbolo del
Sacred Hoop (Cerchio Sacro) dei Sioux. Come le stagioni si susseguono
l’una all’altra, come la fine di ogni giorno è l’inizio del successivo, così
ogni cosa, compresa la vita dell’uomo, si muove in un cerchio sacro: si
tratta semplicemente di sentirsi parte di tale movimento circolare e di
lasciarsi portare nel cerchio della vita, il che equivale a vivere ogni
giorno in una dimensione di sacralità.
La situazione religiosa degli Indiani d’America, dopo
aver subito dure repressioni e distorsioni nel corso dei secoli, si presenta
a tutt’oggi ancora forte e radicata, grazie soprattutto al mantenimento e
recupero di importanti tradizioni, nonostante la cultura occidentale
continui ad alterarne importanti concezioni , come è avvenuto con la New Age.
MITAKUYE OYASIN
Elisabetta Rossi
La prima parte è stata pubblicata
sul bollettino precedente
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