L ’attività sportiva, sia a livello
professionistico che amatoriale, ha un ruolo molto importante nella nostra
società, un ruolo che con il passare del tempo si è sempre più
consolidato fino a superare ogni più rosea previsione.
La cosa non deve stupirci più di tanto. Anche nel
passato questo genere di attività aveva un suo spazio e un certo numero di
cultori. Il popolo osannava l’atleta bravo e audace che con le sue
performance esaltava le folle e riusciva ad accattivarsi le simpatie del
regnante di turno. Ciò accadeva nell’antica Grecia, nella Roma imperiale
e nei tornei cavallereschi del Medioevo. Ovunque si svolgevano giochi, gare
di abilità e di forza di svariato tipo.
Dunque lo sport aveva ed ha ancor oggi il potere di
creare un clima tutto particolare, un momento di competizione, di spettacolo
e di allegria che si traduce e si trasforma in un vero e proprio
affratellamento tra uomini di ogni razza. Un innegabile esempio di
aggregazione che coinvolge in primo luogo gli atleti ma anche il pubblico, i
giornalisti, gli operatori tecnici e tanti altri.
Lo sport è certamente un toccasana per tutti oltre che
fattore di promozione umana e sociale. A coloro che si avviano verso la
maturità rinvigorisce lo spirito e tonifica i muscoli. Ai giovani apre
ampie prospettive professionali, li abitua al sacrificio e alle rinunce, li
socializza, li educa poiché li allontana dai pericoli dell’ozio. Se
questi sono gli aspetti positivi legati alla disciplina sportiva non mancano
purtroppo quelli negativi. Per ottenere risultati eclatanti alcuni atleti
professionisti fanno ricorso a sostanze speciali che sono assolutamente
proibite.
Questo fenomeno designato col nome inglese “doping”
(dal verbo: to dope = narcotizzare, drogare), ha ormai raggiunto livelli
preoccupanti. Gli organi competenti sono in allerta: controllano,
intervengono e sanzionano duramente chi si rende protagonista di tali
illeciti. Pur tuttavia questi sgradevoli episodi continuano ad accadere e, a
volte, l’atleta oltre a perdere l’onore, paga con la vita l’uso
sconsiderato di certi stimolanti. Di recente anche in Italia personaggi
famosi sono tristemente saliti alla ribalta ed hanno visto compromessa la
loro carriera. Da una ricerca effettuata nelle più ricche nazioni europee
è emerso che nelle palestre circolano sostanze dopanti o, quantomeno, è
ormai consuetudine fare un uso improprio di farmaci comuni: non per curare
un semplice disturbo, bensì per ottenere migliori prestazioni fisiche. Come
dire: “il fine giustifica i mezzi”. Alcuni pediatri hanno lanciato l’allarme
poiché si è scoperto che anche tra i giovanissimi è diffuso l’uso di
sostanze poco raccomandabili.
Sembra infatti che in Italia si dopano sei ragazzi su
cento. Ingenuità, scarsa informazione oppure spregiudicatezza di certi
adulti e, a volte, degli stessi genitori?
La vittoria ad ogni costo resta la ragione principale a
spingere ad agire in dispregio della salute dei ragazzi.
Lo sport si è adeguato a questa società dove conta
soltanto il successo. Non c’è posto per i secondi classificati ed ecco
perché è fin troppo facile cadere nella trappola del doping. Difficile per
il ragazzo cresciuto con il mito dello sport miliardario non cedere alle
lusinghe di alcuni allenatori e liberarsi dal miraggio di una carriera ricca
e piena di soddisfazione.
Se vogliamo bene ai nostri giovani, se riteniamo giusto
evitare che imbocchino un vicolo cieco occorre restituire loro il gusto e la
vera dimensione pedagogica dell’attività sportiva. Solo tornando allo
sport come gioco, vissuto come un momento ricreativo prima che come
risultato da raggiungere ad ogni costo, sarà possibile sgominare il
fenomeno doping.
Marco Fiorelli
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