C
ammino
sinodale, ottica comunionale, spazio catechetico, piano pastorale,
ecclesiologia, “discernimento comunitario”, “...valore fondante e
fontale...” (della domenica), (la domenica)... “come mediazione
temporale...” e tante tante altre, sono
espressioni oscure alla maggior parte di noi, proprie del recente linguaggio
di parte della Chiesa cattolica (a proposito esiste un interessante e
documentato vocabolario – Il piccolo ecclesialese illustrato – di
Roberto Beretta).
Ormai oltre ad imbatterci nel sindacalese,
nel politichese, nel burocratese, ci troviamo davanti anche l’ecclesialese.
Si tratto di un gergo, talvolta colto ed
elaborato, usato da alcuni cattolici, che finisce per essere incomprensibile
ai più e certamente male adatto a portare nei “lontani” il desiderio di
avvicinarsi alla Chiesa.
Le deformazioni di termini comuni e le
formulazioni intellettualistiche che lo compongono, complicano ancor più un
linguaggio dove i termini comuni del lessico della Chiesa (liturgia,
catechesi, eucaristia, ecumenismo, ecc) sono già non semplici e talvolta
ambigui (chi davanti alla parola “carità” non si scopre a pensare alla
“elemosina” con un richiamo forte al denaro? Per la Chiesa “carità”
uguale “amore”; ma allora espressioni come “...il vostro cuore sia
sempre colmo di carità per i fratelli...” non sarebbero infinitamente
più chiare per tutti se sostituissimo la parola “amore” alla parola “carità”?).
L’uso di questo gergo appesantisce la
comunicazione e spesso la vanifica, la rende sterile perché di fatto non comunica
nulla, poiché del messaggio trasmesso, che pur ha un contenuto, nulla
è ricevuto in quanto il messaggio non viene compreso.
San Francesco ammoniva i confratelli di
predicare usando parole piane e chiare, “così come il Signore disse sulla
terra parole brevi”. A me pare che l’ecclesialese contrasti con il
linguaggio semplice e diretto del Vangelo, che talvolta copra idee fumose o,
forse ancor più spesso, la mancanza di chiarezza di come passare dall’enunciazione
del principio alla sua attuazione concreta.
L’impegno forte di ognuno di noi, di
tutta la Chiesa, è portare la parola di Dio in mezzo ai fratelli in sonno e
chiamarli all’ascolto; non otterremo grandi successi se la nostra “comunicazione”
non riuscirà ad informarli, semplicemente perché non sarà compresa.
Il linguaggio è cosa viva, si modifica,
evolve e lo fa con sempre maggiore velocità. E’ teorema della scienza
della comunicazione che ogni messaggio deve essere calibrato sul gruppo
sociale al quale è diretto e che la sua efficacia è proporzionale alla sua
incisività e facile comprensione.
Credo sia urgente ed indispensabile che la
nostra Chiesa non lo dimentichi.
Alberto E. Gemmi