Pagina Precedente La "Caccia al cinghiale" compie 50 anni Pagina Successiva

Quest’anno in agosto è andata in scena la 50^ edizione de “La Caccia al Cinghiale” rinomata festa folcloristica che caratterizza Mondavio in ambito nazionale ed oltre e che rappresenta la punta di diamante del calendario estivo delle manifestazioni culturali e di intrattenimento che annualmente mette in cantiere l’Associazione  Pro Loco

Ho titolato che compie 50 anni in omaggio alle altrettante rappresentazioni ma, in effetti per il rigoroso tecnicismo della matematica, gli anni sono 49 in quanto la prima rappresentazione avvenne nel 1960, la seconda nel 1961 dopo un anno e naturalmente la 50^ nel 2009 dopo 49 anni.

Ho un ricordo a tratti dettagliato ed a tratti più sfumato (come lo sono tutti i ricordi) della prima edizione svoltasi nel mese di Luglio del 1960 essendomi ritrovato quasi inconsapevolmente fra gli organizzatori in quanto “cassiere” del Centro Sportivo Italiano, associazione di ispirazione cattolica che si occupava prevalentemente di sport giovanile e dilettantistico e nella quale aiutavo don Elio alla tenuta dei conti e dell’amministrazione.

Animatore del Centro Sportivo era Don Elio Storoni aiutato da noi ragazzi che frequentavamo la Parrocchia e sua fu l’idea di organizzare una festa nel centro storico di Mondavio con personaggi in costume medioevale (oggi diremmo figuranti) che simulasse la rievocazione di un rientro dalla caccia al cinghiare del Duca Della Rovere con seguito di corte, dignitari, cacciatori, armigeri, buffoni e giocolieri, servi, ancelle e via di seguito.

Il C.S.I. era retto da un Comitato con un Presidente (non ricordo chi fosse ) ed alcuni consiglieri fra cui qualche nome di prestigio vicino al mondo cattolico probabilmente cooptato, in particolare ricordo il Dott. Renato Gennari, primario chirurgo dell’Ospedale Pasqualucci rinato a nuova vita negli anni cinquanta, ma il vero “Capo” era Don Elio infaticabile e pieno di iniziative.

La consulenza storica fu del Dott.Michele Stoppini di origine senese, studioso dell’Architetto Francesco Di Giorgio Martini suo conterraneo, indaffarato fino all’impossibile nel recupero della Rocca allora semi abbandonata come bene monumentale culturale e storico, ma utilizzata più che altro come contenitore di “servizi pubblici” ( prima carcere, poi magazzino polivalente, deposito di legna, ricovero per cavalli ed ancora gabinetti, lavatoio, mattatoio con annesso stalla di sosta, cabina elettrica allora dell’UNES nel Torrione e cosi via).

L’esito delle ricerche sul Martini il dott.Stoppini le pubblicò in un volumetto, di cui possiedo una copia avuta personalmente in omaggio dall’autore, intitolato “LE ROCCHE DI SASSOCORVARO, CAGLI, SASSOFELTRIO E MONDAVIO – nella concezione e nello stile di Francesco di Giorgio Martini” pubblicato il 28 agosto del 1960 a cura delle Edizioni del Liocorno di Milano e stampato nella Tipografia Brunetti Viscardo di Mondavio.

La consulenza scenografica fu invece affidata al  regista pesarese Vadi ed al “Duca Materasso Secondo” capo della Goliardia Universitaria di Urbino in qualità di “studente più anziano”, organizzatore delle feste “della matricola” allora molto in auge e personaggio assai noto ed amato dalla città di Urbino per il suo impegno collaborativo con le Autorità locali, Universitarie e turistiche, in favore della cultura e del turismo nonché della popolazione studentesca universitaria per la quale perorava con passione la causa al fine di ottenere adeguati servizi ausiliari per lo studio quali biblioteche, mense, residenze collettive e quant’altro; mi risulta che anche dopo la laurea sia rimasto in Urbino sempre molto impegnato sociale.

Il primo incontro col “Duca” avvenne presso la Sede dell’Azienda Autonoma di Soggiorno ed all’appuntamento insieme a Don Elio ed un altro che non ricordo, c’ero anch’io e Don Stefano Betti che ci accompagnò con la sua ansimante Fiat 600 tanto che per i ripidi tornanti in vista di Urbino fummo costretti a fermarci più volte a causa del surriscaldamento che faceva bollire l’acqua nel radiatore.

I costumi, quelli più sfarzosi per il Duca e la Duchessa, i dignitari di corte, i Cavalieri, le Dame  ecc. furono affittati dalla Sartoria Teatrale ALBERANI di Bologna presso la quale ci recammo personalmente io e Don Elio con la lista predisposta dagli esperti; molti  altri, di più semplice fattura, furono invece  presi in prestito (da Senigallia le uniformi degli armigeri) ed addirittura realizzati in casa.

La parte gastronomica della festa era rappresentata dal cinghiale in porchetta.  Alcuni esemplari. duo o tre, furono acquistati vivi presso un allevamento del grossetano ed il giorno della vigilia furono macellati, conditi e preparati a dovere a mo’ di porchetta da mani esperte fra cui anche mio padre Enrico macellaio chiamato Richetto e cotti nei forni a legna di Ragnetti e di Belfiore.

Nel Chiostro in locali comunicanti col Giardino Leopardi fu allestito il cantiere-laboratorio, una specie di falegnameria cui presiedeva Mario Casini, non era il suo lavoro ma comunque era un bravo falegname per aver appreso l’arte da suo padre Bruto, e furono costruite in particolare la “portantina” per la duchessa,  una casetta in legno dipinta esternamente in simil mattoncini che servì da chiosco per la vendita della porchetta di cinghiale, rimasta in servizio con la stessa funzione ancora fino a pochi anni addietro; mi pare che anche il cinghiale impagliato, ancor oggi in uso, portato a spalla come trofeo da due cacciatori di corte sia stato realizzato in quel laboratorio.

Tanti si diedero da fare in particolare ricordo Sandrino Sorchiotti e Paolo Ferri alle luci, settore elettrico e diffusione sonora realizzata tramite altoparlanti volanti istallati anche sugli alberi di Viale della Vittoria e del Giardino Leopardi, Vittorio Allegrezza mano destra di don Elio, Pierluigi Stoppini, Giorgio Poletti, Eugenio Luzi, Renato Paialunga e tanti altri ragazzi e ragazze per gli addobbi ed altro fra cui naturalmente l’interpretazione dei vari personaggi in costume cui tutti ambivamo particolarmente.

La sfilata partì dall’Istituto San Giuseppe, in quel tempo in costruzione, e fra i suoi muri grezzi i personaggi si prepararono, c’ero anch’io vestito da cavaliere, con tanto di trucco ed acconciatura specie per le donne, affidati alla parrucchiera Marta Galdenzi aiutata dalla sorella Vanda, il tutto sotto la supervisione del regista Vadi.

Il corteo con in testa il gruppo diciamo così “più pregiato” dal punto di vista scenografico per la bellezza dei costumi, rappresentato dal Duca, la Duchessa e gli alti dignitari di corte, figuranti tutti impersonati da un gruppo di studenti e studentesse di Urbino portati al suo seguito dal Duca Materasso II^ lungo non meno di 300 metri sfilò dall’Istituto San Giuseppe alla Locanda, Viale della Vittoria, circonvallazione delle mura, corso Roma, piazza Matteotti, piazza della Rovere (allora piazza Diaz), arco della Rocca, ancora viale della Vittoria e sosta al gioco del pallone dove si disputò la gara di tiro svolta dai balestrieri di Gubbio con la balestra appunto e non con l’arco come avviene oggi.Per l’occasione era stata allestita una postazione di tiro quasi al centro del campo (il giardino alberato non c’era ancora) ed il bersaglio posto sul muro lato ospedale che fa angolo con le mura castellane. I personaggi principali sul palco con i tiratori, gli altri ai lati sul prato insieme agli spettatori naturalmente arretrati rispetto alla postazione di tiro e molti altri spettatori affacciati dalle mura del Giardino e della Vallicella. Proclamazione solenne del vincitore da parte del Duca e quindi ricomposizione del corteo che sfilò ancora per Via Roma e piazza Matteotti fino alla Rocca dove dopo il discorso dal Torrione del Duca ai sudditi incitati a festeggiare  praticamente si concluse.

Qui comincia la parte gastronomica della festa a base di porchetta di cinghiale e non solo che andò avanti fino a sera inoltrata.

Inutile dire che fu un successo enorme, non solo di pubblico che partecipò numerosissimo anche dai paesi vicini, ma soprattutto della festa e della sua novità, rispetto alle “sagre” di quel periodo, rappresentata dalla sfilata di personaggi in costumi  sfarzosi cosa mai vista (se non in televisione) ed assolutamente nuova per quell’epoca in cui le sfilate storiche non erano inflazionate come oggi.

Questo è quanto ricordo della prima edizione della “Caccia al Cinghiale” organizzata dal C.S.I di Mondavio su un’idea geniale di Don Elio Storoni.

 Dott. Marco Bencivenni