Nei
rapporti tra Chiesa e politica, i laici hanno svolto nel nostro Paese un
compito Fondamentale per l’accettazione delle regole della democrazia e
hanno rilevato prima dell’istituzione ecclesiastica gli aspetti positivi
della modernità. Oggi la Chiesa deve esercitare soprattutto la sua funzione
profetica per riportare la politica a un più alto profilo.
Una
società secolarizzata
E’
difficile valutare quale sia stata l’influenza effettiva che la Chiesa
(più specificamente, la gerarchia e l’apparato ecclesiastico) ha
esercitato sulla politica italiana, anche se gli anni fra il 1948 e il 1968
registrano probabilmente la punta più alta di essa, dal momento che tanto l’azione
di governo quanto la legislazione furono fortemente condizionati dal
cattolicesimo e dall’apparato ecclesiastico.
A
partire però dall’introduzione del divorzio e dell’aborto, e dall’insuccesso
dei referendum abrogativi delle due leggi (rispettivamente nel 1974 e nel
1981), qualcosa si è rotto nel meccanismo di questo rapporto e la Chiesa ha
dovuto fare i conti con il processo di sempre più radicale secolarizzazione
della società italiana: è stato questo processo (e non solo la
degenerazione della classe politica, anche democratico-cristiana, o la
caduta dei muri) a mettere in crisi l’unità e la stessa presenza politica
dei cattolici.
Il
“sistema di influenze” non ha operato tuttavia a senso unico. Se la
presenza della Chiesa ha inciso sull’andamento della politica italiana, è
altrettanto vero che l’azione politica dei laici cattolici ha a sua volta
influenzato la vita della Chiesa. Non può essere dimenticata l’azione
svolta dai laici cristiani in vista dell’accettazione, nonostante le sue
ombre, della nascente società industriale, dapprima, e a lungo, guardata
con diffidenza e con sospetto.
In
ordine al rapporto fra Stato e Chiesa uno degli esempi, forse il più
significativo, di questa ora segreta ora manifesta influenza si trova al n.
76 della Gaudium et spes («La comunità politica e la Chiesa sono
indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo»), che
ricalca quasi testualmente l’art. 7 della Costituzione italiana.
Molto
spesso i laici cattolici, almeno i più lucidi, hanno avuto una vista più
acuta dell’istituzione ecclesiastica e, soprattutto, hanno fatto prima di
essa i conti con gli aspetti positivi della modernità e alla fine hanno
aiutato la Chiesa ad accettarla nel suo volto migliore e non a demonizzarla
ma a cercare di comprenderla, anche nelle sue espressioni più discutibili.
La
più alta influenza
Vi
è infine da domandarsi se questo reciproco “gioco delle influenze”
operi ancora nell’attuale contesto politico ed ecclesiale. Privata di una
robusta presenza dei cattolici in ambito istituzionale, la politica italiana
sembra preferire la via del pragmatismo, se non del piccolo cabotaggio, e
lascia in ombra (relegandoli, semmai, nella sola sfera delle coscienze
individuali) i grandi temi della vita sociale, con l’abbandono sostanziale
di un vero progetto di società.
Dal
canto suo la Chiesa istituzionale, e per molti aspetti buona parte dei
credenti e dei praticanti, si è ritirata dalla politica propriamente detta,
paga di perseguire la salvaguardia di pur legittimi “interessi cattolici”
(dalla questione scolastica all’insegnamento della religione) o di
promuovere la difesa di valori, come il rispetto della vita o le politiche a
favore della famiglia, in sé non strettamente legati all’etica cattolica,
ma non avvertiti comunemente come “universali”.
Il
cuore del problema sta invece nella capacità della Chiesa di esercitare la
sua funzione profetica nei confronti della politica, perché essa
recuperi il suo alto profilo, si faccia carico dei grandi problemi dell’uomo,
dalla promozione della pace all’instaurazione di più equi rapporti fra i
popoli, dall’attuazione della giustizia sociale all’attenzione ai poveri
e agli emarginati della società dei consumi. E’ forse questa la più “alta
influenza” che la Chiesa possa esercitare sulla politica, contro la
tentazione di limitarsi esclusivamente alla difesa degli “interessi
cattolici”, come avvenne, ma in un contesto di forzata esclusione dalla
vita civile, per la Chiesa dell’Ottocento.
Nella
Chiesa post-conciliare, che ha progressivamente preso coscienza dei valori
della laicità, questo compito profetico spetta anche ai laici cristiani
impegnati in politica, portatori delle esigenze di un nuovo umanesimo, che
sembra trovare pochi spazi tanto a destra quanto a sinistra, ma che
rappresenta l’unica risposta possibile ai nuovi problemi, per non dire
alle nuove angosce, dell’avvio del XXI secolo.
Giorgio
Campanini – da vita pastorale n. 12 2003