Pagina Precedente "SPE SALVI": la seconda enciclica di Benedetto XVI Pagina Successiva

Da Dio una speranza che non delude

di ANTONIO RIZZOLO

Con la nuova enciclica il Papa continua il dialogo con l’uomo di oggi presentando l’essenza del cristianesimo, fatta di amore e di speranza, e che ha Cristo al suo centro.

«La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato». Queste parole di san Paolo ai Romani (5,5) possono illuminare il collegamento stretto tra le due encicliche di Benedetto XVI, Deus caritas est (2005) e Spe salvi (2007): la prima dedicata all’amore di Dio, che ci è stato donato in Cristo per mezzo dello Spirito Santo, la seconda alla speranza, una speranza «affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente», pur se faticoso.

La speranza di cui parla il Papa non è una delle tante speranze limitate e passeggere, ma la «grande speranza», quella che viene dall’amore di Dio: «chi non conosce Dio, pur potendo avere molteplici speranze, in fondo è senza speranza, senza la grande speranza che sorregge tutta la vita (cf Ef 2,12). La vera, grande speranza dell’uomo, che resiste nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio – il Dio che ci ha amati e ci ama tuttora "sino alla fine", "fino al pieno compimento"» (SS 27).

È stato detto che ancora una volta papa Ratzinger tenta di riportare la Chiesa al pre-concilio perché sottopone a forte critica la ragione e la scienza, e in particolare l’illuminismo e il marxismo, incapaci di offrire una speranza all’altezza del desiderio più profondo dell’uomo e della sua imprescindibile libertà. In realtà Benedetto XVI sta solo cercando di riportare la riflessione sul cristianesimo alla sua radice, all’essenza, proponendola poi all’uomo di oggi. E lo fa in modo pacato, argomentato, semplice.

D’altra parte la stessa costituzione conciliare Gaudium et spes, che contiene nel titolo un riferimento alla speranza, pur avendo uno sguardo positivo sul mondo contemporaneo (ma forse è più uno sguardo d’amore per l’uomo di oggi e di sempre), non manca di esprimere critiche decise. Il documento si apre con parole straordinarie: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Non ci sono solo gioie e speranze, ma anche tristezze e angosce.

Il Concilio sintetizza poi la descrizione del mondo di oggi con parole realistiche: «Il mondo si presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell’odio. Inoltre l’uomo prende coscienza che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli» (GS 9).

La Chiesa, di fronte a questa realtà e agli interrogativi più profondi dell’umanità, «crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà sempre all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla sua altissima vocazione; né è dato in terra un altro Nome agli uomini, mediante il quale possono essere salvati. Essa crede anche di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli» (GS 10).

Cristo è dunque la risposta che il Concilio offre all’uomo contemporaneo. Cristo è anche al centro della proposta sulla speranza di Benedetto XVI. Per mezzo di Cristo, infatti, abbiamo ricevuto una speranza davvero grande, «siamo diventati certi di Dio – di un Dio che non costituisce una lontana "causa prima" del mondo, perché il suo Figlio unigenito si è fatto uomo e di Lui ciascuno può dire: "Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato sé stesso per me" (Gal 2,20)» (SS 26).

Il modo di dialogare di Benedetto XVI è quello del ragionamento, del presentare al mondo di oggi il cristianesimo nella sua essenza, nel fondamento del suo messaggio di amore e di speranza. Ed è anche quello di invitare noi cristiani, accesi dall’amore di Dio con una speranza che non delude, alla testimonianza: «Abbiamo bisogno di testimoni, di martiri, che si sono donati totalmente [...]. I santi poterono percorrere il grande cammino dell’essere-uomo nel modo in cui Cristo lo ha percorso prima di noi, perché erano ricolmi della grande speranza» (SS 39).

Questo è anche il mio augurio per il nuovo anno!