Con
la nuova enciclica il Papa continua il dialogo con l’uomo di oggi
presentando l’essenza del cristianesimo, fatta di amore e di speranza, e che
ha Cristo al suo centro.
«La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato
riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato
dato». Queste parole di san Paolo ai Romani (5,5) possono illuminare il
collegamento stretto tra le due encicliche di Benedetto XVI, Deus caritas
est (2005) e Spe salvi (2007): la prima dedicata all’amore di Dio, che ci è
stato donato in Cristo per mezzo dello Spirito Santo, la seconda alla
speranza, una speranza «affidabile, in virtù della quale noi possiamo
affrontare il nostro presente», pur se faticoso.
La speranza di cui parla il Papa non è una delle tante
speranze limitate e passeggere, ma la «grande speranza», quella che viene
dall’amore di Dio: «chi non conosce Dio, pur potendo avere molteplici
speranze, in fondo è senza speranza, senza la grande speranza che sorregge
tutta la vita (cf Ef 2,12). La vera, grande speranza dell’uomo, che resiste
nonostante tutte le delusioni, può essere solo Dio – il Dio che ci ha amati
e ci ama tuttora "sino alla fine", "fino al pieno compimento"» (SS 27).
È stato detto che ancora una volta papa Ratzinger tenta
di riportare la Chiesa al pre-concilio perché sottopone a forte critica la
ragione e la scienza, e in particolare l’illuminismo e il marxismo, incapaci
di offrire una speranza all’altezza del desiderio più profondo dell’uomo e
della sua imprescindibile libertà. In realtà Benedetto XVI sta solo cercando
di riportare la riflessione sul cristianesimo alla sua radice, all’essenza,
proponendola poi all’uomo di oggi. E lo fa in modo pacato, argomentato,
semplice.
D’altra parte la stessa costituzione conciliare Gaudium
et spes, che contiene nel titolo un riferimento alla speranza, pur avendo
uno sguardo positivo sul mondo contemporaneo (ma forse è più uno sguardo
d’amore per l’uomo di oggi e di sempre), non manca di esprimere critiche
decise. Il documento si apre con parole straordinarie: «Le gioie e le
speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri
soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le
speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di
genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». Non ci sono solo gioie
e speranze, ma anche tristezze e angosce.
Il Concilio sintetizza poi la descrizione del mondo di
oggi con parole realistiche: «Il mondo si presenta oggi potente a un tempo e
debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi
la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso,
della fraternità o dell’odio. Inoltre l’uomo prende coscienza che dipende da
lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono
schiacciarlo o servirgli» (GS 9).
La Chiesa, di fronte a questa realtà e agli interrogativi
più profondi dell’umanità, «crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà
sempre all’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza per rispondere alla
sua altissima vocazione; né è dato in terra un altro Nome agli uomini,
mediante il quale possono essere salvati. Essa crede anche di trovare nel
suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia
umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di là di tutto ciò che muta stanno
realtà immutabili; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è
sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli» (GS 10).
Cristo è dunque la risposta che il Concilio offre
all’uomo contemporaneo. Cristo è anche al centro della proposta sulla
speranza di Benedetto XVI. Per mezzo di Cristo, infatti, abbiamo ricevuto
una speranza davvero grande, «siamo diventati certi di Dio – di un Dio che
non costituisce una lontana "causa prima" del mondo, perché il suo Figlio
unigenito si è fatto uomo e di Lui ciascuno può dire: "Vivo nella fede del
Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato sé stesso per me" (Gal 2,20)» (SS
26).
Il modo di dialogare di Benedetto XVI è quello del
ragionamento, del presentare al mondo di oggi il cristianesimo nella sua
essenza, nel fondamento del suo messaggio di amore e di speranza. Ed è anche
quello di invitare noi cristiani, accesi dall’amore di Dio con una speranza
che non delude, alla testimonianza: «Abbiamo bisogno di testimoni, di
martiri, che si sono donati totalmente [...]. I santi poterono percorrere il
grande cammino dell’essere-uomo nel modo in cui Cristo lo ha percorso prima
di noi, perché erano ricolmi della grande speranza» (SS 39).
Questo è anche il mio augurio per il nuovo anno! |