E’ singolare che, anche nella cultura, o nell’arte, oppure in
politica o, perché no, nella religione (come in questo caso),
combattere con chi distorce la realtà, crea falsi miti o mostri e
rovescia la verità attraverso un linguaggio “strumentale” e retorico,
non è facile perché le spiegazioni, che pur ci sono, a volte
risultano così complicate e lunghe da articolare che quasi sempre la
maggioranza della gente preferisce seguire la “via più semplice o più breve”
da capire.Dan
Brown non sta tanto scrivendo malamente quanto scrivendo in un modo
particolare, calcolato al meglio per attirare il pubblico femminile (le
donne, dopo tutto, comprano la maggior parte dei libri della nazione).
Mentre l’ampio
uso delle formule romanzesche può essere il segreto della celebrità di Brown,
il suo messaggio anti-cristiano non può avergli fatto male nei circoli
editoriali: Il Codice Da Vinci ha debuttato in cima alla lista dei
best-seller del New York Times.
Uno scrittore che
pensa che i Merovingi abbiano fondato Parigi e dimentica che i papi un tempo
vivevano ad Avignone, è difficile sia un ricercatore modello. E che affermi
che la Chiesa abbia bruciato cinque milioni di donne in quanto streghe
mostra un’ignoranza intenzionale — e in malafede — del dato storico.
L’anti-cattolicesimo: una nuova–vecchia moda
Nel romanzo si
afferma che Gesù Cristo non ha condotto la vita di castità che gli si
attribuisce, ma ha avuto moglie e figli. Che la comunità cristiana dopo la
sua morte ha violato i diritti della moglie, che avrebbe dovuto essere la
sua erede. Che per nascondere questa verità i cristiani nel corso della loro
storia hanno assassinato migliaia, anzi milioni di persone. Che un santo,
Josemaría Escrivá (1902-1975), fondatore dell’Opus Dei, scomparso da pochi
anni era in realtà il capo di una banda di delinquenti. Che un nuovo Papa
progressista ha deciso di rescindere i legami fra la Chiesa e l’Opus Dei.
Il romanzo in
questione ha venduto tre milioni e mezzo di copie negli Stati Uniti, è
sbarcato anche in Italia e la Sony ne sta traendo un film per il quale è già
cominciata una propaganda internazionale. Il successo di questo prodotto è
un’altra prova del fatto che l’anti-cattolicesimo non è ancora demodé.
Il Codice Da
Vinci mette in scena la caccia al Santo Graal. Quest’ultimo, secondo il
romanzo, non è, come la tradizione ha sempre creduto, una coppa in cui fu
raccolto il sangue di Cristo, ma una persona, Maria Maddalena sua moglie,
che rappresenta il contenitore del suo sangue. La tomba perduta della
Maddalena è dunque il vero Santo Graal. Gesù Cristo aveva affidato la sua
Chiesa non a san Pietro ma a sua moglie, Maria Maddalena, che avrebbe dovuto
proclamare la priorità del principio femminile.
Dan Brown ha
composto uno scritto miserevole, un pasticcio ricercato atrocemente.
Perciò, perché prendersi la briga di fare una lettura così ravvicinata di un
romanzo senza valore? La risposta è semplice: Il Codice Da Vinci
ottiene l’approvazione popolare. Quanti lettori inesperti scorgeranno le
inesattezze e le menzogne propalate come verità nascoste? Facendo false
affermazioni il libro infetta i lettori con una virulenta ostilità nei
confronti del cattolicesimo. Se pure l’assalto di Brown alla Chiesa
cattolica può essere un complimento ambiguo, ne avremmo fatto volentieri a
meno.
Solo la diffusa
ignoranza religiosa spiega come qualcuno possa prendere sul serio un tale
cumulo di affermazioni a dir poco ridicole. Ci sono testi del primo secolo
cristiano dove Gesù Cristo è chiaramente riconosciuto come Dio.
Olivieri Paolo