Saluto
le rappresentanze delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine, le
rappresentanze delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma.
Saluto Don
Giuseppe e tutti i cittadini che sono presenti qui, oggi.
Vedete ogni anno,
in uno di questi primi giorni di novembre, ci si trova davanti ad un
monumento, ad una lapide, che ricorda i morti di una guerra.
Coloro che sono
caduti nelle lotte del Risorgimento, durante la prima sanguinosa Guerra
mondiale, durante la seconda guerra mondiale e nella lotta di Resistenza e
di Liberazione dal Nazifascismo; lotte tutte che hanno contribuito in modo
decisivo a costruire e difendere l’unità e la libertà della Patria italiana.
Alla maggior
parte dei presenti, qui come in altri luoghi d’Italia, questa
commemorazione, fortunatamente, riporta alla mente un ricordo indiretto, il
ricordo di un racconto, di un film, di un documentario televisivo.
L’orrore che si
prova di fronte a certe immagini è spesso tale da far dubitare che fatti
simili siano potuti effettivamente accadere.
Per chi non è
stato testimone diretto è difficile riuscire a immaginare le sensazioni che
quelle immagini possono indurre in chi, invece, è stato, in qualche modo,
partecipe e vittima di quegli orrori.
Ci sono volute
decine di milioni di morti in meno di trent’anni per convincerci che
bisognava trovare una soluzione che ponesse fine alle periodiche guerre tra
le varie nazioni europee.
Appena sessanta
anni fa, sembrava ancora una illusione che Inglesi, Francesi, Tedeschi
potessero convivere senza la paura che gli uni volessero dominare gli altri.
Oggi sappiamo che
ciò che per secoli si era creduto impossibile era invece realizzabile.
E’ da quelle
trincee contrapposte, dai molti morti senza un perchè, che è nato il
fondamento primo, che porterà poi all’unione Europea.
La convinzione
che si potesse raggiungere un equilibrio di convenienze, di interessi, anche
di rinunce, che avrebbe potuto garantire la pace e un maggior benessere per
tutti i popoli europei.
Ma per cominciare
a sentirsi europei c’è voluto, innanzitutto, un atto di volontà e di
fantasia:
Non considerare
gli interessi degli uni inevitabilmente come un’ ostacolo per quelli degli
altri.
E’ da questo non
sentirsi nemici che sono nati i quasi sessant’anni di pace di cui tutti
abbiamo potuto godere, ma ora sappiamo che questo non può bastare per
garantirci il futuro; sappiamo che dovremo ancora procedere verso un
sentimento sempre più comune.
Sappiamo che le
abitudini, le tradizioni, la cultura, e soprattutto le aspirazioni, dovranno
sempre più essere sentite come un patrimonio e un diritto comune e di tutti.
E’ presumibile
che in meno di cent’anni quello che sembrava un utopia possa essere
realizzato:
Un’ Europa
sentita come un’ unico grande Paese.
Ora io credo che
se non vogliamo aggiungere altri all’elenco di questi morti che oggi qui
onoriamo, sarà necessario affidarci ancora a quella volontà e a quella
fantasia che cinquant’anni fa portò alcuni a concepire l’ Europa unita come
unica alternativa alla guerra.
Comprendere le
ragioni degli altri, sentire le miserie di molti, il loro sottosviluppo,
come un problema anche nostro; rinunciare a costruire la nostra ricchezza
anche su quelle miserie, è l’utopia che ci sta davanti, speriamo che la
volontà e la fantasia, come già cinquant’anni fa sappia ancora trovare una
soluzione per una pace durevole.
Mentre rendiamo
onore a questi e agli altri morti di tutte le guerre, voglio rivolgere a
nome mio personale e dell’ Amministrazione Comunale, a tutti voi, un augurio
insieme a quanti stimano la vita e la pace più delle loro opinioni.
E’ con questi
pensieri e con questi intendimenti che possiamo allora gridare, senza
retorica e senza imbarazzo:
Onore ai caduti
per l’Unità e la libertà d’Italia;
Viva le Forze
Armate repubblicane;
Viva l’Italia
democratica;
Viva l’Europa
unita e pacifica;
Viva la Patria!
Talè Federico